Federico Casalesi ha lasciato da poco la Direzione Nazionale Antimafia ma, essendo passato alla storia per aver disarticolato il clan dei Casalesi in Campania e aver aperto uno squarcio nell’organizzazione fino ad allora oscura della ‘ndrangheta in Calabria, rimane un punto di riferimento nella magistratura antimafia. Nella sua carriera non ha mai mancato di prestare un’attenzione particolare anche a quell’economia legale che “non da oggi ma da ormai 50 anni, se pensiamo all’imprenditore edile siciliano Rosario Spatola o alle migliaia di imprese vicine al clan dei Casalesi in Campania, rappresenta terreno fertile della criminalità organizzata”.

Durante il suo mandato ha insistito molto su questi aspetti “deterrenti”, perché oggi le mafie si infiltrano e allargano la propria sfera di influenza nell’economia legale, anche grazie all’aggregazione con quelle imprese sane che a volte trovano utile accettare “servizi legali”, che possono rappresentare delle valvole d’ossigeno per chi ne fruisce.

Durante la cerimonia del Premio “Legalità e Profitto” ha sostenuto come, a volte, la pressione fiscale è talmente forte da costringere le imprese a dover ricorrere a escamotage illegali, come le false fatturazioni. Per battere le mafie è fondamentale bonificare i contesti in cui l’organizzazione criminale è entrata, tentando di recuperare i soggetti che possono aver sbagliato ma non sono mafiosi. Per far ciò bisogna monitorare in maniera ampia tutte quelle che possono essere anomalie e discrasie; basti pensare alla dissuasione che deriva dalla consapevolezza che i dati finiscono in un supercomputer che va ad analizzare tutte le operazioni sulla base di determinati parametri.